«È curioso che nelle opere di Bertolino la precisione artigianale del manufatto e l¹esigenza di andare oltre lo spazio mentale così costituito, piuttosto che entrare in guerra fra loro, finiscano poi per trasformarsi in un ossimoro creativo, che è la più riposta energia della sua pittura. E così, dentro il canonico recinto della tela, oltre che le immagini reçues di barche e cieli, colline e arcobaleni, glicini e palme, si fanno strada idee più astratte come minacce di tempeste incombenti, sentieri che s’arrotano ciechi, grappoli di fiori che conflagrano, torri che sembrano soccombere a un cupo mare di seppia; e ciò mentre globi levitano dalle acque, quasi a indicare un più lontano eliso, purificato dalle tensioni delle spatole e dei graffiti, avvolto in un silenzio siderale, che è quello della nostra anima contemplante.
Poi, d’improvviso, il cielo torna a infiammarsi di porpora, gli alberi in tensione a stridere, i viola ad annidarsi tra i verdi delle piante folgorate da un flash selvaggio e innaturale, le spume degli oceani a diventare ghiacciai o striature del gelo sui vetri, mentre l’intero universo torna a trovare il suo perno nella figura d’uomo (o donna ?) seduta di spalle, raccorciata e solida per sostenere l¹urto degli elementi; mentre i globi, che cangiano di segno, sembrano ora proiettili infuocati d¹un meteorite in frantumi.»
Aurelio Pes